Collegium Scriptorium Fontis Avellanae

Uno studio continuo delle tradizioni.
Una ricerca applicata al contemporaneo.

 

Storica

Nel settembre dell’anno 1995 la Comunità dei Monaci Camaldolesi ha accolto nel Monastero di Fonte Avellana un gruppo di persone che volevano porre in dialogo la varie discipline che si occupano dell’Uomo e del suo Ambiente. A tal proposito hanno creduto opportuno dare vita a un centro culturale al quale è stato dato il nome di Collegium “Scriptorium Fontis Avellanae”. La denominazione è stata scelta con riferimento allo Scriptorium eretto nel Monastero nell’XI secolo, luogo di diffusione della conoscenza cristiana e umanistica. Il Collegium, servendosi dei mezzi che la nuova realtà tecnica e culturale offre, intende interrogarsi e consultare coloro che a loro volta si interrogano circa le provocazioni offerte dall’attualità della Storia. Il dialogo inter/trans disciplinare può permettere una più approfondita analisi dell’Uomo nel suo rapporto con se stesso e con l’intera Creazione. Mettersi in ascolto dell’Uomo e della sua Storia, nella pluralità dei tempi e dei luoghi, è preoccupazione presente nel pensiero e nell’opera di Benedetto da Norcia in un periodo di profonde mutazioni etniche e quindi culturali oltre che sociali, politiche e religiose di tutto il “mondo” europeo. Tale preoccupazione egli l’ha trasmessa ai suoi monaci.

Oggi noi viviamo una trasformazione di tutto l’assetto umano, non più solo europeo, di cui avvertiamo tutta la drammaticità e circa il quale ci interroghiamo, dibattendoci nella crisi dei vecchi valori e nella ricerca dei nuovi che fatichiamo a individuare proprio per la rapidità e l’entità delle mutazioni in corso. Per questo è nato il Collegium intitolato allo Scriptorium di Fonte Avellana, il cui Statuto è stato firmato il giorno 11 febbraio 1997 davanti al Notaio Dott. Giuseppe Olmi di Falconara Marittima e il cui insediamento è avvenuto il giorno 19 aprile 1997 nello stesso Scriptorium, alla presenza dei primi 23 Soci tra i quali vi erano rappresentanti il mondo accademico, scientifico e vari operatori del territorio che hanno promosso la Carta di Fonte Avellana.

Lungo gli anni successivi il numero dei Soci è andato crescendo significativamente, rendendo il Collegium strumento valido di incontro, di riflessione, di dialogo, promuovendo seminari, convegni, corsi di aggiornamento accreditati presso il MIUR, laboratori, pubblicazioni.

Progetti

Dai giorni della sua fondazione il Collegium, attento alle sollecitazioni del suo tempo, ma anche alle testimonianze del passato, fondative di storie determinanti le evoluzioni culturali, sociali, antropologiche, politiche, religiose, ha elaborato progetti riguardanti le Civiltà, la Musica, la Scuola, l’Ambiente, con quanto comporta in essi e quanto interagisce tra essi.

Il Codice Forestale Camaldolese / Progetto UNESCO: Foresta Etica

“Il Codice Forestale Camaldolese quale patrimonio immateriale universale dell’umanità”

Documenti e pubblicazioni della ricerca / storico

“Tu sarai un Cedro per la nobiltà della tua sincerità e della tua dignità; Biancospino per lo stimolo alla correzione e alla conversione; Mirto per la discreta sobrietà e temperanza; Olivo per la fecondità di opere di letizia, di pace e di misericordia; Abete per elevata meditazione e sapienza; Olmo per le opere di sostegno e pazienza; Bosso perché informato di umiltà e perseveranza.”

Libro della Regola Eremitica, anno 1080

 

Così la Comunità Eremitica nata nel cuore della foresta appenninica del Casentino dava fondamento, con la sua prima regola scritta, alla propria vita vissuta in rapporto con l’ambiente che la circondava e la custodiva, così che si disse: “custodiamo la foresta che ci custodisce”. Custodire significa conoscere, apprezzare, promuovere, proteggere. È una reciprocità creatrice di un’etica dinamica che, sul piano sociale antropologico ed economico, sorge e si evolve nell’ambiente vissuto. Per oltre otto secoli gli Eremiti di Camaldoli hanno dato vita a quest’etica, di cui ancora sono visibili tracce vitali, frutto di una eredità, a volte implicita, necessaria da riscoprire.

È per questo motivo che l’UNESCO ha dimostrato il suo interesse ed è iniziato il procedimento per il riconoscimento del Codice Forestale Camaldolese quale patrimonio immateriale universale dell’umanità.

 

Il Codice Sociale Camaldolese

Il Codice ha proposto basi tali da essere preso in considerazione dai Padri Costituenti quale “bozza” di quella che verrà redatta e proclamata “Costituzione della Repubblica Italiana” nell’anno 1948

Semplicemente noto come “Codice di Camaldoli” è nato a Camaldoli quando il monastero di Camaldoli si trovava esattamente sulla Linea Gotica e le forze militari tedesche presidiavano la zona. Il 18 luglio dell’anno 1943 una trentina di studiosi, laici ed ecclesiastici, sotto la guida e la presidenza di Mons. Adriano Bernareggi, vescovo di Bergamo e assistente centrale dei Laureati Cattolici, si raccolsero nella Foresteria del Monastero. Essi erano ben consapevoli della situazione bellica in corso e delle novità che andavano affiorando (esattamente nella settimana successsiva a quella del 18-24 luglio, Benito Mussolini sarebbe stato arrestato, con tutte le conseguenze che ne sappiamo derivate per gli esiti del conflitto). Nel pieno della tragedia in corso, quegli intellettuali furono spinti a interrogarsi sul destino e la rinascita del Paese, partendo dalle sue radici storiche. Nel 1927 l’Unione Internazionale di Scienze Sociali aveva pubblicato il Codice sociale di Malines, contributo all’unità e alla vitalità della dottrina sociale cattolica. Nel 1937 Pio XI ha pubblicato l’Enciclica Summi Pontificatus sulla dottrina sociale della Chiesa.  In quella settimana dal 18 al 24 luglio 1943 i convenuti si proposero di concordare un programma per il lavoro sul tema “La dottrina sociale della Chiesa”, da svolgere in seguito, e di stabilire il metodo da seguire, nominando dei Comitati di redazione sui singoli argomenti definiti in quei giorni. Il programma ha poi subìto una profonda modifica, causata dalle gravi circostanze sopravvenute, tra le quali il bombardamento di Roma. E proprio a Roma coloro che si erano riuniti a Camaldoli hanno trovato modi di incontri nei quali hanno lavorato e discusso intorno alle prime elaborazioni provvisorie di Camaldoli. Inoltre hanno potuto tener conto del contributo di altri studiosi, anche non romani, che malgrado le difficoltà di ogni genere (sappiamo le condizioni della città “occupata” dalle SS…) hanno avuto modo di far pervenire i loro interventi. Sono così pervenuti alla formulazione di una serie completa e organica di enunciati sui principi di un ordinamento sociale cristiano che investono i punti fondamentali della vita della comunità umana, con particolare riguardo ai più vivi e urgenti problemi dello Stato, della Famiglia, dell’Educazione, del Lavoro, della Vita Economica. Concludendo con un progetto di Ordine europeo internazionale, concluso con le parole: “la premessa fondamentale per formare un ordine internazionale e quindi assicurare positive condizioni di pace all’umanità è di rifarsi alla vera idea dello Stato e alla pratica della vita sociale e politica conforme ai principi della giustizia e della libertà”.

Il Testo verrà finalmente pubblicato a Roma, nella Pasqua del 1945, quando, a conflitti finalmente terminati, si porranno le basi di una nuova convivenza tutta da inventare e per la quale il Codice ha proposto basi  tali da essere preso in considerazione dai Padri Costituenti quale “bozza” di quella che verrà redatta e proclamata “Costituzione della Repubblica Italiana” nell’anno 1948. Infatti molti princìpi del Codice confluirono nella Carta quali: la dignità della persona umana e il suo primato rispetto allo Stato; il rifiuto di ogni visione totalitaria della politica; l’abbandono della categoria di Stato confessionale e, insieme, il pieno rispetto della libertà religiosa; la comunità politica come garante dei valori di giustizia sociale e di uguaglianza tra i cittadini; la funzione sociale della proprietà; la limitazione della sovranità nazionale a vantaggio di organizzazioni sovranazionali per la promozione della pace e del diritto tra i popoli.

La richiesta di parità di dignità tra marito e moglie è diventata legge italiana solo nel Diritto di Famiglia approvato nel 1975.

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De Ignoto Cantu

Tra i codici conservati a Fonte Avellana primeggia quello contrassegnato dall’Archivio con le lettere “Nn”

Nell’anno 2000 sono state celebrate le ricorrenze di Guido monaco pomposiano, solitamente ricordato come Guido D’Arezzo. Esse riguardavano il millenario della nascita e il novecentocinquantesimo anno della sua morte. Il primo lo potremmo definire virtuale in quanto la data di nascita del formulatore dell’esacordo musicale è approssimativamente stabilita tra il 992 e il 997. La città di Arezzo, in accordo con il Comune di Codigoro dove sorge l’Abbazia di Pomposa, ha stabilito di celebrare il millenario nel 2000 costituendo un Comitato Nazionale che ha coinvolto anche il progetto “De ignoto cantu” promosso dal Collegium “Scriptorium Fontis Avellanae”.  

Il Collegium ha inteso celebrare l’anniversario della morte di Guido attraverso un programma di vasto respiro che non fosse solo commemorativo, ma anche creativo, ponendosi in una prospettiva dinamica attuata con una serie di iniziative che, partendo dalle intuizioni di Guido, si ponessero in ascolto di quanto la ricerca musicale è andata proponendo da quei giorni fino a oggi.

Guido viveva la sua esperienza monastica nell’Abbazia di Pomposa, dove aveva iniziato la sua ricerca al fine di rendere leggibile, con annotazioni che fissassero i suoni e li rendessero facilmente riproducibili, la musica (mnemonicamente tramandata) che rivestiva i testi liturgici.

In quell’Abbazia, nel 1042, si incontrò con S. Pier Damiani il quale, proveniente dall’Eremo di Fonte Avellana, su invito dell’Abate pomposiano stava insegnando ai monaci le Sacre Scritture. L’incontro di Pomposa fece nascere un sodalizio prezioso tra Guido e Pier Damiani. Quest’ultimo stava strutturando la Liturgia della comunità avellanita, liturgia che avrebbe nutrito la comunità dell’Eremo fino al Concilio di Trento (1545-1563). Poeta e scrittore fecondo, egli trovò in Guido un ottimo collaboratore per rivestire di musica i suoi testi.

In quella sede sono nati testi liturgici di grande interesse, per alcuni dei quali solo recentemente è iniziato lo studio, in occasione della  mostra Collectio thesauri promossa dalla regione Marche nelle Sedi di Ancona e Macerata (vedi cataloghi con schede curate da Salvatore Frigerio, Giacomo Baroffio,  Daria Greco, Cristina Di Zio). Codici ancora presenti nell’archivio di Fonte Avellana, mentre tutti gli altri sono conservati nella Biblioteca Vaticana dove sono stati trasferiti allorché l’Abate commendatario Giuliano della Rovere fu eletto Papa nel 1503 con il nome di Giulio II.

Tra i codici conservati a Fonte Avellana primeggia quello contrassegnato dall’Archivio con le lettere “Nn” (l’antica segnatura archivistica si muoveva con le lettere Aa…Ab…Ba…Bb…). Si tratta del breviario della comunità per il primo semestre dell’anno liturgico. L’esame paleografico ha permesso di rilevare l’intervento di quattro amanuensi e di tre notatori nella stesura del codice, con prevalenza della notazione di tipo ravennate, avvalorando l’ipotesi che la compilazione sia avvenuta nell’importante scriptorium costruito da S. Pier Damiani, Priore di quella comunità dal 1042 al 1072.

La presenza di questo codice, importante anche per la storia della musica, ha sollecitato il Collegium ad affrontare un progetto complessivo, che ha permesso anche di avviare lo studio sistematico del manoscritto Nn, affrontato sotto la guida del Prof. Giacomo Baroffio.

Leggi il documento con approfondimenti su sviluppo e date

La Carta di Fonte Avellana

“Curare la montagna per provvedere alla pianura” era la preoccupazione dei monaci Camaldolesi gestori delle foreste appenniniche.

Questo è un Progetto che interagisce ampiamente con il contesto del Collegium, nato, questo, poco dopo la Carta di Fonte Avellana. Infatti la Carta fu firmata il 18 maggio 1996, nel Monastero di Fonte Avellana e nello stesso Scriptorium del Monastero, il 19 aprile 1997 si è insediato il Collegium. Tra i vari problemi che l’ascolto culturale e sociale sollecitavano il neonato Collegium fu quindi la Carta di Fonte Avellana di cui il Presidente del Collegium (Dom Salvatore Frigerio) era firmatario a nome della Comunità monastica ed era stato anche il primo relatore alla sua presentazione e firma, ponendo all’uditorio la riflessione su “Una cultura di ascolto in Appennino”.

La montagna era da decenni lontana dagli interessi del Paese, bollata di marginalità, addirittura definita “Zona depressa”, dunque colpita da sottosviluppo e inutilità. Le nuove situazioni sociali, però, tendevano a riscoprirla come risorsa enorme, disponibile e appetibile. Da problema diventava opportunità, ma per chi? Doveva esserlo per chi aveva scelto di continuare a viverci, soprattutto per le giovani generazioni, le quali andavano messe nelle condizioni di realizzarsi attraverso una vita di “qualità” che impedisse ulteriori abbandoni. Cultura e lavoro ne erano i contenuti, ma l’una e l’altro erano da tempo nella precarietà, tanto da costituire le vere emergenze in un disegno di rilancio. Cultura è la riscoperta delle radici, realizzando, in versione moderna, quella “reciproca” armonia tra l’uomo e l’ambiente, di cui l’esperienza dei monaci è testimonianza millenaria. Perciò nel silenzio dello Scriptorium Fontis Avellanae si individuò il luogo dove attingere alla conoscenza della storia dell’Appennino, sedimentazione di cultura e di lavoro per modellare le azioni per l’agire futuro. Dunque un ascolto ai tempi e ai luoghi che nasce dal silenzio che sa percepire, lontano dal chiasso distraente, e a volte, politicamente voluto tale, le pregnanti e sollecitanti vocazioni territoriali troppo trascurate da politiche demagogiche che impongono dall’alto norme non a loro adeguate.

A venti anni della sua firma, la Carta oggi, consapevole della dinamica del tempo che viviamo non da spettatori ma da operatori attenti, ci ha chiesto non di essere commemorata, ma di essere riproposta, proprio in considerazione di quanto, venti anni or sono, ha richiamato gli amministratori su problemi che, trascurati, danno oggi i dolorosi risultati che piangiamo, quali, ad esempio, le condizioni del sistema idrogeologico. Curare la montagna per provvedere alla pianura era la preoccupazione dei monaci Camaldolesi gestori delle foreste appenniniche.

Il 29 0ttobre 2015 il Collegium ha proposto alla Regione Marche e a tutti i Firmatari della Carta un Seminario propositivo per l’avvio di uno studio attento alla redazione di una Integrazione.

Il Collegium ha seguito e segue passo passo quanto “l’Integrazione della Carta di Fonte Avellana”, firmata, sempre nello Scriptorium, il 14 maggio 2016, propone alla nuova generazione di amministratori e gestori del Territorio, anche secondo le nuove prospettive aperte dal Progetto “Strategia per le Aree interne”.

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Storico delle attività del Collegium

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