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Lo “Scriptorium S. Pier Damiani” è l’ambiente più significativo di Fonte Avellana; il luogo dove i monaci amanuensi obbedivano alle disposizioni della Regola di San Benedetto circa il lavoro quotidiano trascrivendo su pergamena antichi testi classici greci e latini, realizzando preziosi codici miniati. Quello di Fonte Avellana è uno dei pochissimi ancora originali non avendo mai avuto bisogno di essere ricostruito a seguito di bombardamenti o fenomeni sismici.
Lo Scriptorium fu costruito nel sec. XII in sostituzione di un altro costruito nel secolo precedente e probabilmente divenuto insufficiente a contenere i monaci incaricati del lavoro amanuense. Dopo la scoperta della stampa, verso la fine del sec. XV, lo Scriptorium venne modificato per essere destinato ad altri usi: furono murate le monofore superiori e fu abbassato il soffitto costruendo delle volte più basse in mattone poi intonacate. È a quel periodo che risale l’apertura delle sei finestre inferiori. In queste condizioni è rimasta la sala fino al 1958 quando, dopo un’intensa opera di restauro è stata riportata al suo antico splendore. Oggi viene utilizzato per incontri di spiritualità e di lectio divina.

Costruita nel secolo XI forse su progetto per realizzare una chiesa o una cappella, non fu mai utilizzata come luogo di culto. Fu dapprima laboratorio per la preparazione delle pergamene e la rilegatura dei manoscritti poi anticamera della residenza degli abati. La sala è oggi dedicata a San Giovanni da Lodi che fu direttore dello Scriptorium, amanuense personale e uomo di fiducia di San Pier Damiano tanto che gli succedette come priore nel 1072. Negli ultimi tre anni della vita fu vescovo di Gubbio ove morì nel 1105.

Fatto costruire da San Pier Damiani nel sec. XI, aveva inizialmente la funzione di “statio”. I monaci confluivano qui, tornando dai loro vari lavori o dalle loro celle per predisporsi con il silenzio alla celebrazione liturgica. Dopo questa sosta preparatoria la comunità entrava processionalmente in chiesa cantando gli inni introitali. Accanto alle volte a crociera e agli archi a tutto sesto tipici del Romanico italiano, due archi ogivali tipici della tradizione fenicia che i monaci di Fonte Avellana avevano probabilmente visto durante i pellegrinaggi in Terra Santa e poi descritto, al loro ritorno, alle maestranze e agli architetti che qui lavoravano.

Costruita nel XII secolo, in questa sala si riuniva il Capitolo monastico. Deriva il suo nome probabilmente dal fatto che prima di iniziare l’incontro, un monaco doveva leggere ad alta voce un capitolo della Regola di San Benedetto, così come era prescritto nella Regola stessa. Sul soffitto sono visibili degli affreschi del sec. XIV che sono andati quasi completamente distrutti a causa del cattivo uso che fu fatto della sala nel corso dei secoli; questo soprattutto nel corso del Settecento quando fu adibita a magazzino e legnaia, collocandovi per comodità un forno per cuocere il pane.

La Cripta (sec.X) è considerata la parte più antica di Fonte Avellana. È la chiesa primitiva e forse contemporanea alle origini dell’eremo; è il più antico luogo di culto esistente a Fonte Avellana, ma soprattutto è l’ambiente che meglio caratterizza l’impronta austera e non priva di solida bellezza che si volle per queste antiche costruzioni dedicate alla preghiera. Con la costruzione della Basilica alla fine del sec. XII la parte occidentale della chiesa primitiva è andata perduta mentre quella a oriente, ancora perfettamente conservata, presenta le finestre rivolte a est verso la luce dell’alba, luce del Risorto. Sullo sguincio delle finestre sono posti dei gradini simboleggianti l’ascesa verso la luce.

Edificata a partire dal 1171 e consacrata per la prima volta nel 1197, fu elevata a Basilica Minore il 5 Settembre 1982 dal Santo Padre Giovanni Paolo II in visita a Fonte Avellana per la conclusione delle celebrazioni del Millenario della fondazione. E’ costruita a croce latina in stile romanico con lievi presenze ogivali e presenta il presbiterio rialzato posto sopra la già esistente chiesa divenuta cripta. L’altare maggiore è sovrastato da un imponente Crocifisso ligneo del 1567 opera di Francesco Tiraboschi da Pavia. Dietro l’altare, pur non in piena armonia con il resto della costruzione, è stato posto il coro realizzato in stile neoclassico nel 1854.

La chiesa originariamente non aveva il coro: i monaci Avellaniti officiavano di giorno davanti all’altare maggiore e di notte in quella che oggi è la cripta. Quando subentrarono i Camaldolesi, questi fecero costruire un coro sopra l’atrio della chiesa dove officiavano sia di giorno che di notte eccetto che nella stagione invernale quando anch’essi utilizzavano la cripta. Nella prima metà del sec. XIX fu deciso di spostare il coro dal fondo della chiesa al retro dell’altare maggiore.

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